La vicenda
In occasione della separazione tra due coniugi, il marito ha posto i figli adolescenti di fronte all’ineludibile necessità di schierarsi, o con lui o contro di lui.
Una figlia, desiderosa di mantenere i rapporti con entrambi, non ha voluto parteggiare apertamente per nessuno dei due genitori e ha manifestato la volontà, accolta dal tribunale, di continuare a vivere con la madre.
Da allora, il padre ha interrotto ogni comunicazione personale, ha smesso di accompagnarla a scuola, di interessarsi delle sue attività extrascolastiche, della sua salute, del suo benessere psicologico.
Ha anche volutamente interrotto il percorso di mediazione familiare raccomandato dal giudice della separazione e, anche quando sollecitato dallo psicologo che aveva preso in cura la ragazza, si è dimostrato indisponibile a qualunque ipotesi di riavvicinamento.
L’ha pubblicamente esclusa dal novero dei suoi figli, umiliandola agli occhi della comunità di appartenenza.
Dopo lungo travaglio interiore, la figlia ha chiesto l’accertamento giudiziale della responsabilità civile del padre.
Gli aspetti giuridici
Il codice civile disciplina i diritti e i doveri di genitori e figli nei loro reciproci rapporti.
Quelle applicabili nel caso concreto sono le norme antecedenti le modifiche portate dalla c.d Riforma Cartabia.
I genitori hanno, nei confronti dei figli, una serie di doveri, ai quali corrispondono i relativi diritti in capo alla prole.
Ai sensi dell’art. 315 cod. civ., il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
I doveri dei genitori si sostanziano, quindi, nelle attività di protezione e cura, educazione, assistenza materiale e morale.
Come espressamente previsto dall’art. 337 bis cod. civ., tali doveri permangono anche in caso di separazione tra i genitori.
Pertanto, nel caso in esame, pare evidente che il padre abbia tenuto una condotta difforme dalle prescrizioni legali, facendo mancare alla figlia il proprio contributo alle attività di protezione e cura, educazione, assistenza materiale e morale, una condotta antigiuridica.
Il secondo profilo rilevante è quello del danno e della sua quantificazione.
Il danno da privazione della figura genitoriale è fonte di un danno di tipo non patrimoniale di carattere psicologico-esistenziale, che investe direttamente la progressiva formazione della personalità del danneggiato, condizionando lo sviluppo delle sue capacità di comprensione e autodifesa.
Si tratta di un danno che, oltre a causare un immediato disagio psicologico e relazionale, pregiudica lo sviluppo emotivo e cognitivo dei figli e continua a spiegare i suoi effetti in tutto l’arco della vita del danneggiato il quale, secondo la pressoché unanime scienza psicologica, risentirà permanentemente del vuoto vissuto nei momenti più importanti dello sviluppo emotivo e cognitivo.
La quantificazione del danno conseguente all’abbandono da parte del genitore viene effettuata assumendo come parametro le tabelle orientative per il risarcimento del danno derivante dalla perdita di un genitore a causa di terzi, come nel caso di un incidente stradale o per responsabilità medica, oltre all’eventuale danno alla salute fisica, da liquidarsi separatamente.
La causa è tuttora in corso.